di Renzo Ronca 21-5-25
Il presunto contrasto tra Paolo e
Giacomo sulla salvezza per fede e il ruolo delle opere è, in realtà, una
dinamica complementare. Paolo si rivolge a giudei che enfatizzano le opere e la
legge, e per bilanciare questa prospettiva, sottolinea una salvezza basata
esclusivamente sulla fede. Giacomo, d'altra parte, non nega che la fede salvi,
ma afferma che una vera fede deve manifestarsi in opere concrete, poiché fede e
comportamento sono indissolubilmente legati.
Il cambiamento
interiore, chiamato "nuova nascita", è ciò che trasforma il nostro modo di
pensare e agire. Il rischio della "conversione intellettuale" è
quello di una fede solo teorica, senza una reale trasformazione. Come dice
Gesù: chi lo chiama Signore dovrebbe anche seguire i suoi insegnamenti nella
pratica (Luca 6:46-49).
Anche i grandi riformatori sbagliarono su
questo punto: Martin Lutero criticò fortemente la Lettera di Giacomo, arrivando
a definirla una "epistola di paglia", poiché riteneva che non
contenesse elementi evangelici e che enfatizzasse le opere più della fede.
Questa posizione derivava dalla sua dottrina della giustificazione per fede,
che considerava centrale per la Riforma Protestante. Ad ogni modo, nonostante
le sue critiche iniziali, Lutero alla fine non eliminò la lettera dal canone
biblico e, pur mantenendo le sue riserve, riconobbe che contenesse "molte
buone parole".
Ricordiamo allora che una reale “nuova nascita” è una fede
dinamica e si evolve aprendosi verso l’alto. Lo stesso capitò per esempio con il
libro dell’Apocalisse di Giovanni, o Rivelazione, che all’inizio non fu
bene accolto ed ancora oggi viene ignorato. Invece è fondamentale per chi vuole
studiare le profezie con gli eventi salvifici che ci sono davanti e comportarsi di conseguenza.
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