Riedificazione del Concetto di Vita Eterna già Adesso – Parte 3

  -di Renzo Ronca 4-6-25

 [segue da https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/06/la-frammentazione-della-personalita.html ]

 

Abbiamo detto la volta scorsa che, nel post-Eden, nel corso dei millenni, le due direzioni fondamentali dell’uomo—seguire Dio o rifiutarLo—hanno progressivamente determinato un’inevitabile separazione. Questo conflitto interiore è paragonabile a due elastici che tirano in direzioni opposte, una tensione che potremmo definire, in termini psicologici, come una “pulsione verso la vita” e una “pulsione verso la morte”.

La Bibbia esprime questa scelta fondamentale in diversi passi, tra cui:

·         Geremia 21:8"A questo popolo dirai: Così parla il Signore: Ecco, io pongo davanti a voi la via della vita e la via della morte."

·         Deuteronomio 30:15-20"Vedi, io metto oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. [...] Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza."

Tuttavia, la frammentazione dei significati di cui abbiamo parlato nelle volte precedenti genera un problema sottile nell’interpretazione di questi versetti. Spesso non consideriamo a fondo il significato della parola “vita”: si riferisce alla vita fisica terrena o alla vita eterna in un modo che ancora non conosciamo?

Nell’Antico Testamento, le parole tendono a essere più concrete e letterali, quindi il primo significato era la vita fisica. Tuttavia, già allora si intravedevano aperture verso una comprensione più profonda. Un esempio significativo è il Salmo 16:10, dove Davide afferma: "Perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione." Questo versetto suggerisce una speranza che va oltre la semplice esistenza terrena, aprendo uno spiraglio verso l’idea di una vita eterna con Dio.

Nel Nuovo Testamento, la concezione della vita eterna è centrale, e Gesù stesso offre una visione di questa realtà attraverso la Trasfigurazione. (Matt 17:1-8; Mar 9:2:8; Lc 9:28-36).  Durante la Trasfigurazione, Gesù si manifesta in una forma gloriosa davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni, con il suo volto splendente e le vesti sfolgoranti. Questo episodio suggerisce una trasformazione del corpo che va oltre la condizione terrena, anticipando la gloria della resurrezione.

Inoltre, l'apostolo Giovanni, nella sua Prima Lettera, afferma chiaramente che la nostra futura condizione non è ancora pienamente rivelata:

  • 1 Giovanni 3:2 "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è."

Questa dichiarazione sottolinea il mistero della trasformazione che avverrà nella vita eterna, lasciando spazio alla speranza e alla fede nella promessa di Dio.

Il problema, come dicevamo, sta nell’abitudine di considerare sempre la parola “vita” esclusivamente in senso fisico. Questo approccio può sembrare del tutto naturale, ma se proviamo a osservare la questione da un’altra angolazione, ipotizzando la vita dell’uomo secondo il progetto originario di Dio, emerge un diverso concetto di normalità,  presente nelle persone credenti.

Immaginiamo di essere ancora nell’Eden e che Eva non avesse ascoltato il serpente: l’uomo non era stato creato per morire, ma per evolversi, e questa trasformazione sarebbe probabilmente avvenuta come una metamorfosi naturale, priva di traumi. La morte è entrata nel mondo a seguito della disubbidienza, allontanando l’uomo da Dio e dalla sua condizione originale. Se l’umanità vivesse ancora nel paradiso terrestre, parlare di vita significherebbe riferirsi spontaneamente alla vita eterna, perché questo era il progetto divino fin dall’inizio.

Per il credente, soprattutto per colui che ha sperimentato la nuova nascita nello Spirito Santo, esiste la possibilità di ritornare alla realtà spirituale e di chiamare “vita” quella eterna, che diventa la meta più autentica.

Al contrario, il mondo attuale concepisce la vita esclusivamente in termini sensibili e materiali. “Amare la vita”, nella prospettiva odierna, significa spesso vivere le emozioni fisiche nel modo più intenso possibile. Tuttavia, il Signore, attraverso il Suo avvicinamento alla nostra anima, sta riequilibrando la nostra persona, permettendoci di percepire la vera dimensione spirituale dell’esistenza. Abituiamoci dunque - noi che seguamo il Signore - a considerare la vita sempre più intesa come eterna. 

Continueremo a soffrire per la netta separazione tra spirito e corpo, tra vita terrena e vita spirituale, ma siamo sempre più pronti a identificarci con quella eterna, a cui aspiriamo. E forse, man mano che ci avvicineremo alla mèta, il cammino si farà più impegnativo. Ma anche questa difficoltà è segno che stiamo percorrendo la strada giusta.

(continua)

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