Mettetemi da Parte Barnaba e Saulo - e Noi Abbiamo una Missione? – Atti 13:1-3 Studio Dettagliato – n. 52
-di Renzo R. 31-7-25
[La parte centrale di questo studio è presente anche in un video su Youtube in: https://www.youtube.com/watch?v=xfwtaZdY84w ]
Siamo ad Antiochia di Siria, una
delle prime e più vivaci comunità cristiane fuori dalla Giudea. Il versetto
dice: “Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito
Santo disse…” — e questo ci offre già molte chiavi di lettura.
Era l’inizio della Chiesa?
Sì, eravamo ancora nelle primissime
fasi della Chiesa. La comunità di Antiochia era sorta dopo la dispersione
dei cristiani da Gerusalemme (Atti 11:19), e si era presto distinta per la sua
apertura ai pagani e per la vivacità spirituale. È qui che per la prima volta i
discepoli furono chiamati “cristiani” (Atti 11:26).
Composizione della comunità
- Piccola ma significativa: Non si trattava di una folla, ma
di un gruppo compatto e fervente.
- Diversità culturale e sociale: I nomi citati (Barnaba, Simeone
detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, Saulo) indicano una pluralità
etnica e sociale. Manaèn, ad esempio, era cresciuto con Erode Antipa.[1]
- Presenza di profeti e dottori: Questo suggerisce una struttura
ministeriale già in atto, con ruoli riconosciuti e carismi operanti.
I carismi erano già in uso?
Assolutamente sì. Il testo parla di profeti
e di una rivelazione dello Spirito Santo, che indica una comunità attenta
alla voce divina e aperta ai doni spirituali. In parallelo, Paolo in 1
Corinzi 12-14 descriverà una varietà di carismi — profezia, lingue,
discernimento — che erano già presenti e regolati con attenzione3.
La celebrazione aveva una cadenza settimanale?
- Probabilmente sì, ma non ancora in forma rigida. I
primi cristiani, molti dei quali provenienti dal giudaismo, continuavano
a osservare il sabato.
- Le riunioni avvenivano spesso prima
dell’alba, per evitare persecuzioni e per conciliare il culto con la
vita quotidiana.
- La celebrazione includeva lettura
delle Scritture, preghiera, digiuno, santa cena, e probabilmente anche
momenti di profezia e canto6.
Il clima spirituale
Possiamo immaginare un’atmosfera intensa,
raccolta, carica di attesa e di ascolto. Il culto non era solo un rito, ma
un incontro vivo con il Signore, dove lo Spirito Santo parlava e
guidava. Il fatto che Barnaba e Saulo siano “messi da parte” per una missione
indica che la comunità era disponibile a lasciarsi condurre, anche
quando ciò significava separarsi da figure centrali.
(1it.enduringword.com2it.wikipedia.org3www.academia.edu4it.wikipedia.org5www.amicidomenicani.it)
“Mettere da parte” implica consacrazione,
cioè separarsi per Dio. Secondo wikiHow, consacrarsi significa:
- Dedicare il cuore e la vita a Dio
- Pentirsi e purificarsi
- Offrire se stessi come “sacrificio
vivente” (Romani 12:1)
La
preparazione può includere:
- Digiuno e preghiera, come in Atti 13:2
- Studio della Parola, per comprendere la chiamata
- Confessione e purificazione, per essere strumenti utili
- Discernimento comunitario, perché spesso la chiamata viene confermata dalla Chiesa locale
Commenti di
studiosi autorevoli su Atti 13:2
Ecco alcune riflessioni tratte da
commentari riconosciuti:
- Matthew Henry sottolinea come lo Spirito Santo
agisca direttamente nella vita della Chiesa, indicando chiaramente chi
deve essere inviato. Questo mostra che la missione non è iniziativa umana,
ma divina.
- Adam Clarke evidenzia il contesto di digiuno e
preghiera: la comunità era spiritualmente sensibile e pronta a ricevere
indicazioni soprannaturali.
- Commento del pulpito (Pulpit Commentary) interpreta
l’atto del “mettere da parte” come una consacrazione ufficiale, simile a
un’ordinazione, che riconosce pubblicamente una chiamata già ricevuta.
- Peter Pett osserva che Barnaba e Saulo erano già attivi nel ministero, ma ora vengono separati per una missione più ampia e strategica: l’evangelizzazione dei gentili.
Missione generale e missione specifica
Missione
generale: Tutti i cristiani sono chiamati a essere testimoni di Cristo, a
vivere il Vangelo e a portare luce nel mondo. Questo è il mandato universale:
“Andate dunque e fate discepoli…” (Matteo 28:19).
Missione
specifica: Alcuni ricevono una chiamata particolare, come Barnaba e Saulo,
per un’opera definita. Secondo Benedetto Lino OFS, la vocazione specifica
“informa la vita e l’azione apostolica” dei credenti. È Dio che plasma questa
chiamata, e può riguardare:
- Un ministero pastorale
- Una vocazione missionaria
- Un servizio profetico o
intercessorio
- Una chiamata alla vita consacrata o
alla testimonianza nei contesti della vita quotidiana.[2]
In chiave escatologica, questa distinzione è cruciale: nel
tempo della Chiesa attuale prima del rapimento, Dio chiama alcuni a ruoli
strategici per l’evangelizzazione finale e la preparazione del Corpo di Cristo.
E' questo il nostro punto chiave: ritengo che la nostra missione cristiana sia da inquadrare in questo contento. Potremmo vivere molti episodi di situazioni diverse, ma tutte legate da questa prospettiva: la preparazione al rapimento della Chiesa, dove lo Spirito Santo ritaglierà un ruolo per ciascuno di noi.
Un punto di svolta
La chiamata dello Spirito Santo in
Atti 13:2 — “Separami Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati” —
non fu solo un invio, ma un punto di svolta nella loro vita spirituale e
ministeriale. Vediamo insieme come questa separazione influì su di loro:
1. Una nuova identità ministeriale
Prima di Atti 13, Barnaba e Saulo erano
già attivi nella comunità di Antiochia, ma la chiamata li “appartò” per
un’opera più ampia. Questo atto:
- Li consacrò pubblicamente come missionari, con l’imposizione
delle mani e la preghiera
- Li rese responsabili di portare il Vangelo ai gentili,
inaugurando la missione universale della Chiesa
- Li rese “apostoli” nel senso pratico, anche se Paolo riceverà questo
titolo in modo più formale in seguito
2. Inizio del primo viaggio missionario
Dopo la separazione, Barnaba e Saulo
partirono per Cipro e poi per l’Asia Minore. Questo viaggio:
- Fu pieno di sfide spirituali,
come l’opposizione del mago Elimas (Atti 13:6-12)
- Portò conversioni significative,
come quella del proconsole Sergio Paolo
- Segnò il momento in cui Saulo
comincia ad essere chiamato “Paolo”, indicando un cambiamento di ruolo
e di pubblico
3. Crescita e anche tensioni
La chiamata li unì, ma anche li mise alla
prova. In Atti 15, dopo il primo viaggio, Paolo e Barnaba si separarono
a causa di un disaccordo su Giovanni Marco. Questo mostra che:
- La chiamata non elimina le
differenze umane
- Anche i “separati per Dio” possono
divergere nei metodi, pur restando fedeli alla missione
4. Impatto spirituale e storico
Quella separazione iniziale:
- Aprì la strada alla missione ai
gentili, che
diventerà il cuore del ministero di Paolo
- Rivelò la guida dello Spirito Santo nella Chiesa primitiva, che non
agiva per strategia umana ma per discernimento spirituale
- Modellò il concetto di vocazione cristiana come qualcosa che può essere confermata dalla comunità, ma nasce da Dio
In che modo pratico
lo Spirito Santo "parlò" alla comunità in quel caso di Atti 13:2?
Ecco alcune ipotesi fondate su studi seri
e commentari biblici:
1. Tramite uno dei
profeti presenti
Secondo il Commento critico ed
esplicativo su tutta la Bibbia, è molto probabile che lo Spirito Santo
abbia parlato attraverso uno dei profeti menzionati in Atti 13:1. La
comunità era composta da uomini dotati di doni profetici, e il messaggio
potrebbe essere stato comunicato:
- Con una parola profetica
pronunciata pubblicamente
- Durante un momento di culto e
digiuno, in cui la comunità era spiritualmente sensibile
Questa ipotesi è coerente con la prassi
della Chiesa primitiva, dove lo Spirito Santo parlava spesso tramite profeti
riconosciuti.
2. Rivelazione
interiore confermata comunitariamente
Alcuni studiosi ipotizzano che lo Spirito
Santo abbia parlato nel cuore di più membri, e che la comunità abbia discernito
insieme la volontà di Dio. Questo tipo di comunicazione:
- Non è necessariamente udita con le
orecchie, ma percepita spiritualmente
- Viene poi confermata attraverso preghiera,
digiuno e consenso comunitario
Questa modalità è molto vicina alla
sensibilità evangelica pentecostale, dove lo Spirito guida interiormente ma anche attraverso
la comunione dei credenti.
3. Comunicazione
carismatica durante il culto
Il testo dice che “servivano il Signore e
digiunavano” — il termine greco leitourgountōn indica un servizio
liturgico o sacerdotale. Alcuni commentatori ritengono che lo Spirito abbia
parlato durante un momento di culto, forse attraverso:
- Un canto ispirato
- Una parola di conoscenza
- Una visione o un impulso profetico
Nota teologica
importante
Il commentario sottolinea anche che questa frase — “Separami Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati” — presuppone la personalità e la divinità dello Spirito Santo. Non si tratta di un’energia impersonale, ma di una Persona che chiama, guida e invia. Questo argomento sarebbe da sviluppare a parte.
Il digiuno
Il digiuno in Atti 13:2 era certamente letterale, come pratica ebraica e cristiana delle origini: astensione dal cibo per favorire la preghiera, la purificazione e la disponibilità all’ascolto dello Spirito. Ma nel tempo si è sviluppata anche una dimensione interiore del digiuno, altrettanto potente e forse ancora più necessaria oggi.
Digiuno fisico: la pratica originaria
- Era un gesto concreto di umiltà e
dipendenza da Dio
- Preparava il cuore alla rivelazione
e al discernimento
- Era spesso associato a momenti di
svolta, come la scelta di missionari, la consacrazione o la richiesta di
guida divina
Digiuno interiore: astensione dalle “cose
mondane”
Con il tempo, molti cristiani hanno
compreso che il vero digiuno non è solo quello del corpo, ma anche quello del cuore
e della mente. Ecco come si è evoluto:
- Evitare di nutrirsi di pensieri vani, distrazioni, contenuti
superficiali o contrari allo spirito del Vangelo
- Sospendere il rumore del mondo prima della preghiera o del culto,
per non appesantire la comunione con Dio
- Fare attenzione a ciò che “entra”
nel cuore, come
immagini, parole, emozioni, relazioni, che possono contaminare la
consacrazione
Come scrive La Mente è Meravigliosa [lamenteemeravigliosa.it/il-digiuno-pratica-spirituale/
] , il digiuno è anche “una prova di forza che libera la mente per riscoprire
se stessi”. E in chiave spirituale, è un modo per rendere il cuore leggero e
disponibile, come un tempio vuoto pronto ad accogliere la presenza divina.
Un esempio pratico di digiuno interiore
Prima di un culto o di una preghiera
importante, un cristiano può:
- Spegnere il telefono o evitare i
social
- Non guardare notizie o contenuti
mondani
- Evitare conversazioni superficiali o
polemiche
- Fare silenzio interiore, magari con
un salmo o una preghiera breve
Questo tipo di digiuno è come “non
mangiare il mondo”, per lasciare spazio a Dio. È una forma di disciplina
spirituale che purifica e prepara, proprio come il digiuno fisico faceva
nella Chiesa primitiva.
Imposizione delle
mani
L’imposizione delle mani - oggi ancora in uso nelle chiese evangeliche pentecostali e in quella cattolica carismatica - come descritta in Atti 13, con il contatto fisico è molto più di un gesto liturgico: è un canale di trasmissione spirituale, un atto che coinvolge corpo, spirito e comunità. E non è da prendere alla leggera.
Imposizione delle
mani: significato biblico e spirituale
- Nell’Antico Testamento, era usata
per benedire, trasmettere autorità o designare qualcuno
a un compito sacro.
- Nel Nuovo Testamento, diventa strumento
dello Spirito Santo: gli apostoli impongono le mani per guarire,
consacrare e trasmettere lo Spirito.
- È un gesto che produce realizza ciò che
significa: non solo simbolico, ma efficace.
Un gesto potente… ma da usare con
discernimento
Una verità spirituale molto
importante: “Non imporre le mani troppo frettolosamente” (1 Timoteo
5:22). Questo avvertimento apostolico sottolinea che:
- L’imposizione delle mani non è neutra:
può trasmettere benedizione, ma anche influenze spirituali.
- Chi la pratica deve essere maturo
nella fede, pieno di Spirito Santo, e dotato di discernimento
degli spiriti.
- È come il principio dei vasi
comunicanti: se chi impone le mani è “pieno”, può versare; se è
“impuro”, può contaminare.
In ambienti pentecostali e carismatici
- Questo gesto è spesso usato per guarigione,
liberazione, consacrazione e trasmissione di doni
spirituali.
- Quando praticato in ambienti puri
e guidati dallo Spirito, può essere trasformativo.
- Ma se usato con leggerezza o da
persone non consacrate, può diventare spiritualmente rischioso.
Una guida
spirituale per l’imposizione delle mani
Ecco alcuni criteri che molti credenti
considerano essenziali:
- Preghiera e digiuno prima dell’atto, come in Atti 13
- Discernimento: chiedere a Dio se è il momento
giusto e la persona giusta
- Purezza di cuore: chi impone le mani deve essere in
comunione con Dio
- Esperienza e maturità: non è un gesto da affidare a chi è
ancora giovane nella fede
(2it.wikipedia.org3cautivoestrella.org)
Mai da soli: la
saggezza del servizio condiviso
È sconsigliabile condurre una preghiera
di imposizione delle mani da soli:
- Per evitare di esaltarsi o
attribuirsi risultati spirituali
- Per essere protetti dalla potenza
delle tenebre, nel caso di manifestazioni o lotte spirituali
- Per agire sempre nel corpo di
Cristo, dove il sostegno reciproco rafforza l'efficacia della
preghiera
Contesto e
preparazione sono fondamentali
Questa pratica va esercitata solo con
persone consapevoli e preparate spiritualmente:
- Chi non è abituato a contesti
di tipo pentecostale, può vivere la preghiera
con disagio o timore, specialmente se vi sono manifestazioni dei carismi.
- È opportuno preparare e spiegare
il significato della preghiera e dei doni, per evitare fraintendimenti o reazioni negative
Liberazione e riservatezza
In casi di sospetta presenza di
spiriti maligni in qualcuno, è prudente:
- Non procedere mai in pubblico
- Operare in un luogo riservato e
protetto
- Agire solo con credenti dotati di
discernimento, esperienza nella liberazione e guida dello Spirito Santo
[1]
La frase “Manaèn era cresciuto con Erode Antipa” si riferisce a un dettaglio
sorprendente e significativo che troviamo in Atti 13:1, dove Manaèn è
descritto come “compagno d’infanzia di Erode il tetrarca”. In greco il
termine usato è syntrophos, che indica qualcuno allevato insieme,
nutrito insieme, quasi come un fratello di latte o un coetaneo cresciuto
nella stessa corte o famiglia.
Chi era
Erode Antipa?
Erode Antipa era figlio di Erode il Grande e governava
come tetrarca della Galilea e della Perea. È noto per aver fatto
decapitare Giovanni Battista e per essere stato coinvolto nel processo a Gesù.
Era un personaggio potente, legato alla corte romana e alla politica imperiale.
Chi era
Manaèn?
Manaèn, invece, è citato come profeta e dottore
nella comunità cristiana di Antiochia. Il fatto che fosse cresciuto con Erode
Antipa suggerisce che provenisse da un ambiente aristocratico o di corte,
ma che in seguito abbia scelto di seguire Cristo, diventando una figura
spirituale di rilievo.
Perché è
importante questo dettaglio?
·
Mostra come il messaggio cristiano abbia raggiunto
anche ambienti elevati, non solo i poveri o gli emarginati.
·
Indica una conversione profonda: Manaèn,
pur avendo avuto accesso al potere e alla corte, ha scelto una via di servizio
e profezia.
·
Rende la comunità di Antiochia ancora più
interessante: non era solo multiculturale, ma anche socialmente variegata,
con membri provenienti da contesti molto diversi. (1it.wikipedia.org2www.treccani.it)
[2]
Esempi pratici di testimonianza quotidiana
·
Sul posto di lavoro: trattare colleghi
con rispetto, evitare pettegolezzi, essere onesti anche quando costa, offrire
aiuto senza aspettarsi nulla in cambio.
·
In famiglia: vivere la pazienza, il
perdono, la cura reciproca, anche nei momenti di tensione. Essere un punto di
riferimento spirituale per figli, partner o genitori.
·
A scuola o all’università: difendere chi
è emarginato, studiare con integrità, condividere valori senza imporli.
·
Nel volontariato: aiutare i poveri, gli
anziani, i malati, i detenuti, come ha fatto Alice Montalto nel suo servizio in
carcere.
·
Nella società civile: partecipare a iniziative
per il bene comune, come il decoro urbano o la legalità.
·
Sui social media: usare le piattaforme
per diffondere messaggi di speranza, non odio; per costruire ponti, non
barriere.
Testimonianza silenziosa ma potente - Non serve
fare grandi discorsi. A volte basta: Un sorriso a chi è scoraggiato, una parola
gentile a chi è ignorato, un gesto di giustizia quando tutti tacciono
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