Gesù-Parola è Dio - Uno Sguardo al Prologo di Giovanni 1:1-18 - Avvio Riflessione - n.21

 -di Renzo R.  12-7-25

 Giovanni è spesso considerato il più “mistico” tra gli apostoli. Ma è importante chiarire cosa intendiamo con questo termine: non si tratta di misticismo esoterico o soggettivo, bensì di una profonda ricerca dell’intimità con Dio, radicata nella verità rivelata delle Scritture. Giovanni non si perde in astrazioni, ma ci guida con semplicità e potenza verso il cuore del Vangelo: Gesù Cristo la Parola eterna che si è fatta carne.

Il suo Prologo (Giovanni 1:1–18) è una vetta teologica che introduce sei verità fondamentali sul Figlio di Dio, che poi l’apostolo svilupperà nel resto del suo vangelo. Come spesso accade negli scritti giovannei, si distingue per uno stile sintetico, solenne, quasi lapidario — ma in senso alto e positivo: una densità espressiva che, lungi dall’essere riduttiva, invita alla riflessione e alla meditazione profonda. Lo studioso MacArthur ha saputo evidenziare con chiarezza queste verità essenziali: 1- la sua eternità (vv.1-3); 2- la sua incarnazione (vv 4-5); 3- la sua venuta preannunciata da un precursore (vv 6-8); 4- il rifiuto che gli è opposto (vv 9-11); 5- la sua onnipotenza (vv 12-13); 6- la sua gloria (vv 14-18).

Accenneremo qui alla prima:

 Gesù Cristo è Dio

Come afferma la nota della MacArthur Study Bible: “Gesù, il Messia, era pienamente Dio (Cfr. Cl 2:9). Persino nella sua incarnazione allorché svuotò se stesso, egli non cessò di essere Dio, ma prese su di sé la natura umana e si trattenne volontariamente dall'esercizio indipendente dei suoi attributi divini.”  

Cristo è eternamente Dio, e la sua incarnazione non ha mai compromesso la sua divinità. Giovanni lo dichiara con forza fin dal primo versetto: “Giov. 1:1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. 2 Essa era nel principio con Dio.”  

In questo breve scritto, rimarremo sui due versetti di Giovanni e li rileggeremo più volte per conto nostro, con molta calma, lasciandoli depositare in fondo al cuore. Un poco alla volta apriranno un varco di sapienza.

Il mistero della Trinità e l’intelligenza del limite

Nel tentativo di rendere accessibile il mistero della Trinità—parola che, va detto, non compare nella Bibbia—la teologia cristiana ha elaborato dogmi che, pur con buone intenzioni, rischiano di complicare ulteriormente ciò che già di per sé è insondabile. Di fronte a queste altezze e profondità, il nostro atteggiamento dovrebbe essere quello del rispetto, anche per ciò che Dio ha scelto di riservare a sé. In uno studio precedente ho chiamato questo approccio intelligenza del limite: la consapevolezza che non tutto può essere scomposto, analizzato, geometrizzato.[1]

Giovanni, l’apostolo forse più vicino a Gesù, era il più giovane, e la tradizione lo descrive come colui che appoggiava il capo sul petto del Maestro (cfr. Giovanni 13:23), in un gesto di intimità e ascolto profondo—quasi come l’ascolto del cuore del Signore stesso. È significativo che proprio lui sia stato scelto dallo Spirito per scrivere l’Apocalisse, in età avanzata, dopo aver ricevuto visioni che alcuni definiscono rapimenti mistici, direttamente comunicati a lui dallo stesso Gesù risorto.[2]

Riporto anche un passaggio condivisibile del Pastore F. Zenzale: «Dio è uno. Ci sono tre persone, ma un solo Dio. Anche se apparentemente contraddittoria, quest’affermazione è tuttavia in armonia con le Scritture, che mostrano poco interesse per le formulazioni puramente speculative sull’unicità di Dio. I numerosi sforzi che sono stati fatti per tentare di spiegare questo concetto hanno portato allo sviluppo delle teorie triteiste e modaliste di Dio (le triteiste negano l’unità dell’essenza divina, le modaliste negano la realtà di tre persone distinte in seno alla divinità). Tutte le obiezioni razionali e le speculazioni umane si confondono perché tentano di spiegare il Creatore in termini di creatura e l’unicità di Dio in termini di unità matematica. Mentre i cristiani, basandosi sulla Bibbia, imparano a conoscere Dio così come egli stesso si è rivelato in essa. Non si stupiscono di fronte a un elemento che rimane un mistero, perché Dio è Dio e noi siamo solo esseri umani.»



[1] A questo proposito, potremmo accennare anche la celebre leggenda di Agostino d’Ippona: mentre cercava di comprendere la Trinità, vide un bambino che tentava di versare l’intero mare in una piccola buca sulla spiaggia. Alla sua obiezione, il bambino—che secondo la tradizione era un angelo—rispose: “È più facile che io riesca a far entrare il mare in questa buca, che tu possa comprendere il mistero della Trinità.” Questa immagine ci aiuta a ricordare che la fede non è sempre comprensione, ma spesso è adorazione, stupore, e silenzio davanti all’infinito.

[2] Questi versetti seguenti mostrano chiaramente che Gesù risorto è il protagonista della rivelazione e che Giovanni è il destinatario diretto, incaricato di trascrivere ciò che vede e sente: Apocalisse 1:10-11; 17–19; 2:1 (e inizio di ogni lettera alle chiese).

 

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