Diritto di Bestemmiare? - n. 166

 -di Renzo Ronca  22-10-25

Quando ero bambino, nell’unico negozio di alimentari del paese — che poi vendeva un po’ di tutto — c’era una targhetta in evidenza sul muro con scritto: “La persona educata non sputa per terra e non bestemmia.” Era una frase semplice, ma chiara. Indicava che il rispetto per gli altri e per Dio era parte della buona educazione. Le bestemmie nella mia zona non sono mai finite, anzi, oggi sono state “globalizzate” in nome di una libertà ipocrita, senza più freni morali. Basta aprire un social per trovarsi davanti a parole che feriscono, come coltellate. Non sempre si è preparati a riceverle, e non sempre si riesce a ignorarle.

Questa riflessione nasce proprio da quel dolore sottile, che non è solo mio, ma di chiunque ami il Signore e si trovi a vivere in un mondo dove il Nome santo viene disprezzato pubblicamente.

– Oggi si confonde la libertà con l’assenza di confini. Ma la libertà che permette di offendere Dio non è libertà: è licenza. E la licenza, quando diventa norma, genera un ambiente spiritualmente tossico.

– Il male indiretto è reale. Anche se non ci tocca fisicamente, il male che vediamo e ascoltiamo ci attraversa. Le parole contro Dio, soprattutto se ripetute o esibite, turbano la coscienza, indeboliscono la gioia spirituale, e creano un senso di oppressione. È un male che non si vede, ma si sente.

– I social sono diventati piazze pubbliche dove tutto può essere detto. E se da un lato offrono strumenti per evangelizzare, dall’altro espongono il credente a contenuti che feriscono. Non sempre è possibile filtrare, e spesso l’unica difesa è la separazione.

– Separarsi da certi ambienti non è fuga: è discernimento. Come dice il salmista: “Non metterò cosa malvagia davanti ai miei occhi.” La santità non si difende con la polemica, ma con la distanza e la testimonianza.

– Il dolore che provo quando vedo il Nome di Dio disprezzato non è debolezza: è testimonianza. Chi ama il Signore non può restare indifferente. Ma non sempre è chiamato a combattere. A volte è chiamato a custodire, a separarsi, a pregare. E a continuare a diffondere la luce, anche se intorno si alza il buio.

Questa libertà, dove abbiamo diritto di fare e dire tutto — anche offendere Dio — secondo voi, è davvero buona?



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