La Grande Potenza di Dio Pastore Può Intimidirci Mentre Portiamo il Vangelo - n.163

 -di Renzo Ronca - 21-10-25

 

1. Una missione che sembra logica, ma non semplice

Portare il Vangelo sembra facile e persino logico: il Signore è venuto, ci ha rivelato la salvezza per fede, nasce l’era della Chiesa, e noi cristiani diffondiamo la buona novella della salvezza per chiunque crede. Una evangelizzazione persino lineare, secondo il Suo mandato:

“Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.” (Matteo 28:19)

Tuttavia, più aumenta la consapevolezza del tesoro che portiamo in questi vasi di terra fragili (2 Corinzi 4:7), più ci sentiamo indegni e incapaci di trasmettere questa preziosità viva che abita nel nostro cuore.

 

2. La tentazione dell’inadeguatezza

Umanamente siamo davvero inadeguati, imperfetti, deboli. Questa consapevolezza, se non custodita, può diventare una tentazione usata dall’ingannatore.

Immaginiamo di ricevere una macchina da corsa di Formula Uno e ci venga detto di guidarla e vincere. Ci sembrerebbe assurdo: non l’abbiamo mai guidata, non sappiamo come entrare nell’abitacolo, forse non arriviamo nemmeno ai pedali… Allora rinunciamo e lasciamo la corsa ai “professionisti”.

Da un certo punto di vista, sembra buon senso. Ma noi evangelici crediamo che il mandato dell’evangelizzazione non sia riservato a una casta sacerdotale. Sappiamo che esiste un sacerdozio universale.

 

3. Nota teologica: il sacerdozio universale

Il sacerdozio universale dei credenti è chiaramente affermato nel Nuovo Testamento, dove si mostra che ogni cristiano, per mezzo di Cristo, ha accesso diretto a Dio e partecipa alla sua opera sacerdotale. Non vi è più una casta sacerdotale esclusiva, ma una comunità di credenti chiamata a servire.

Riferimenti biblici fondamentali

1.     1 Pietro 2:5

“Anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo.” – Ogni credente è parte del sacerdozio santo, chiamato a offrire sacrifici spirituali.

2.     1 Pietro 2:9

“Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo che Dio si è acquistato perché proclami le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.” – Il sacerdozio regale è attribuito all’intera comunità dei credenti, non a una classe separata.

3.     Apocalisse 1:5–6

“…a colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, e ci ha fatti essere un regno e sacerdoti per Dio, suo Padre…” – Cristo ha costituito i redenti come sacerdoti per Dio.

4.     Apocalisse 5:9–10

“…hai fatto di loro un regno e dei sacerdoti per il nostro Dio, e regneranno sulla terra.” – Il sacerdozio è esteso a tutti i redenti, che regneranno e serviranno.

5.     Ebrei 10:19–22

“Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù… accostiamoci con cuore sincero…” – Ogni credente ha accesso diretto a Dio, senza mediazione sacerdotale umana.

6.     Efesini 4:11–12

“Ed egli ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti… per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero…” – I ministeri non sostituiscono il sacerdozio universale, ma lo equipaggiano.

Sintesi dottrinale

Cristo è l’unico sommo sacerdote (Ebrei 4:14–16) – Ogni credente è sacerdote in Cristo, chiamato a offrire sacrifici spirituali, intercedere, annunciare, servire – Non esiste più una mediazione sacerdotale umana: il velo è stato squarciato (Matteo 27:51) – I ministeri ecclesiali sono funzioni, non caste: servono la Chiesa, non la separano.

 

4. Equilibrio tra consapevolezza e obbedienza

Con questa convinzione, dovremmo andare spediti e sicuri. Ma nella pratica, ci accompagna sempre anche la giusta consapevolezza che:

“Non c’è nessun giusto, neppure uno.” (Romani 3:10)

È un equilibrio precario. Lo Spirito di Dio può chiedere cose che ci sembrano impossibili, ma vanno comunque messe in pratica. Non siamo noi a vincere certe battaglie: è Dio stesso che le vince (2 Cronache 20:15). Ci chiama non a vincerle con la nostra potenza, ma con la Sua.

 

5. Il verbo “portare”: guida o trasporto?

In italiano, “portare” può significare:

Guidare, come si guida una macchina: con abilità, controllo, potenza 

Trasportare, come fa un corriere: senza gestire la potenza del contenuto, ma semplicemente consegnandolo.

Portare il Vangelo può assumere entrambe le modalità, ma nella Scrittura il portare è trasmissione, non dominio. Portare il Vangelo non significa guidarlo, né gestirne la potenza con abilità personale. Significa trasmettere fedelmente una Parola che agisce da sé, come un corriere che consegna un pacco prezioso senza modificarne il contenuto

 

6. Etimologia biblica del “portare”

L’etimologia biblica mostra che il “portare” non implica dominio o possesso, bensì obbedienza e trasmissione fedele.

A. Verbi greci principali nel Nuovo Testamento

– εὐαγγελίζω (euangelízō)

Significa annunciare una buona notizia. Deriva da εὐ (buono) + ἀγγέλλω (annunciare), da cui anche angelos = messaggero. → Il portatore della Parola è messaggero, non autore né gestore. → Luca 4:43: “Bisogna che io evangelizzi il regno di Dio…”

– κηρύσσω (kērússō)

Significa proclamare come araldo, gridare pubblicamente. → L’evangelizzatore è araldo, non legislatore. → Marco 1:14: “Gesù andò in Galilea, predicando il vangelo…”

– φέρω (phérō)

Significa portare fisicamente, trasportare, condurre. → È il verbo che più si avvicina all’idea di portare in senso materiale. → Giovanni 20:27: “Porta qui il tuo dito…” → Quando applicato alla Parola, implica trasmissione, non elaborazione.

B. Verbi ebraici nell’Antico Testamento

– נָשָׂא (nāsā’)

Significa sollevare, portare, sostenere. → Esodo 28:12: “Aaronne porterà i nomi dei figli d’Israele…” → Il sacerdote porta davanti a Dio, non manipola.

– בָּשַׂר (bāsar)

Significa annunciare, portare buone notizie. → Isaia 52:7: “Quanto sono belli sui monti i piedi di colui che porta buone notizie…” → Il portatore è testimone, non fonte.

C. Sintesi spirituale

– “Portare la Parola” nella Scrittura non significa guidarla, né possederla. – Il messaggero è canale, servo, araldo, testimone. – La potenza della Parola non risiede nel portatore, ma in Dio stesso (Romani 1:16). – Il portare è atto di obbedienza, non di controllo.

 

7. Il pastore e la voce del Buon Pastore

In Giovanni 10, il Signore si mostra come il Buon Pastore. Le Sue pecore conoscono la Sua voce. Anche se nelle chiese ci sono persone chiamate a fare i pastori, non devono immedesimarsi troppo nel ruolo, come fosse un possesso personale.

Il pastorato è un servizio, dove ci si abbassa a lavare i piedi come fece Gesù. Spaventarsi davanti alle difficoltà è umano, ma non è bene. Non siamo noi a chiamare le anime, né a conoscerle davvero. Non è la nostra voce che seguiranno, ma la voce di Dio.

Come la riconosceranno? Attraverso l’imprinting divino all’atto della creazione: un ricordo atavico, impresso nell’inconscio collettivo, quando l’uomo vide Dio e udì la Sua voce in Genesi.

Il pastore è ascoltato quando trasmette la Parola del Signore, ma non sarebbe riconosciuto se portasse la propria parola.

 

8. Conclusione: trasportatori di potenza

Quando ci sentiamo sospinti a realizzare qualcosa che ci sembra impossibile, se quella cosa riguarda veramente il Regno di Dio, non dobbiamo dare spazio al sentirci incapaci, pure se dentro ci sentiamo così .

La potenza del Vangelo non va guidata, ma agisce da sé. Noi siamo trasportatori, non gestori.

“Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede…” (Romani 1:16–17)





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