Note Speculative e Limiti del Discernimento per Custodire il Centro - n. 157

 -di Renzo Ronca  14-10-25


Nel desiderio di approfondire le Scritture, può sorgere la tentazione — anche in buona fede — di scavare troppo in aspetti laterali, perdendo di vista il cuore dell’insegnamento. Paolo ammonisce Timoteo: “Custodisci il buon deposito, evitando le chiacchiere profane e le opposizioni della falsa scienza” (1 Timoteo 6:20). Il “deposito” è ciò che nutre, salva, guida: la centralità di Cristo, la chiamata alla consacrazione, la speranza del Regno.

Alcune meditazioni, come quelle sui cieli, sugli angeli ribelli, sull’abisso o sulle dimensioni spirituali, possono essere utili se illuminano il centro. Ma se lo oscurano, vanno lasciate andare. Il riferimento di 1 Pietro 3:19 agli “spiriti in carcere” non va confuso con 1 Pietro 4:6: sono due contesti distinti:

Il primo è manifestazione di vittoria, non esibizione; proclamazione gloriosa di un fatto compiuto, non evangelizzazione postuma. Cristo, vincitore, espande la sua luce in ogni dimensione, e la sua consacrazione — vissuta nella carne, consumata nella croce — diventa modello e forza per la nostra.

Il secondo è riferito, secondo una lettura condivisa da diversi commentatori, a credenti che avevano udito e accolto il Vangelo durante la loro vita terrena, ma che erano morti prima della stesura della lettera di Pietro. A loro è stata annunciata la salvezza, affinché vivano nello spirito secondo Dio (1 Pietro 4:6), in continuità con la grazia ricevuta.

 Questa consacrazione non è un traguardo umano, ma un’opera di Dio in noi, che ci dona ciò che ci manca: forza, energia, carismi, sapienza. I nostri limiti, timori, temperamenti non sono ostacoli assoluti, ma occasioni per la grazia. Lo scopo non è la perfezione personale, ma la proclamazione del Regno che viene.

Anche gli angeli ribelli — come quelli descritti in Genesi e nei testi apocrifi come Enoc — non sono il centro del messaggio, ma testimonianza del giudizio e della giustizia di Dio. Alcuni furono puniti “per direttissima”, confinati in attesa del giudizio finale. Non è a loro che Cristo si rivolge per salvarli, ma per attestare la sua vittoria.

 In conclusione, ogni approfondimento deve essere misurato alla luce di questa domanda: “Questo mi avvicina a Cristo? Mi aiuta a consacrarmi? Mi prepara a proclamare il Regno?” Se sì, è benvenuto. Se no, è da lasciare andare.

 

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Nota meditativa (non dottrinale) Alcuni autori hanno ipotizzato che l’“abisso” in cui furono confinati gli spiriti ribelli (cfr. 2 Pietro 2:4; Giuda 6) non sia semplicemente un luogo “in basso”, ma una dimensione separata, distinta dalla nostra realtà terrena e dalla piena presenza di Dio. Alla luce di 2 Corinzi 12:2, dove Paolo parla del “terzo cielo”, si potrebbe immaginare una struttura spirituale composta da più livelli: – il terzo cielo, dimora di Dio; – un secondo cielo, abitato da esseri spirituali non pienamente riconciliati; – il primo cielo, corrispondente alla nostra dimensione. In questa prospettiva, l’abisso sarebbe separazione dalla luce, confinamento in attesa del giudizio, non necessariamente collocato “sotto”, ma fuori dalla comunione. Questa ipotesi, pur suggestiva, non è centrale per la fede né per la consacrazione. Va considerata solo se aiuta a contemplare la vittoria di Cristo che si estende in ogni sfera, senza oscurare il cuore del Vangelo.








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