Psicologia Classica e Cristianesimo Mondano: una Convergenza Pericolosa - n. 152

 -di Renzo Ronca   (9-10-25) aggiornato 10-10-25


Introduzione

In un tempo in cui la psicologia tende a promuovere l’adattamento e il benessere individuale come fine ultimo, e il cristianesimo rischia di smarrire la sua radicalità spirituale per compiacere la cultura dominante, si profila una convergenza pericolosa. Entrambe le visioni, se svuotate della verità, finiscono per evitare il confronto con il peccato, con la croce, con il giudizio. Questa riflessione nasce dal desiderio di discernere: non per condannare, ma per chiarire. Perché la cura dell’anima non può prescindere dalla verità, e la consolazione senza conversione è solo anestesia.   

Nota metodologica: le considerazioni qui proposte in merito alla psicologia e alla psicoanalisi si basano su fonti e materiali reperiti attraverso ricerche sul web . Non intendono sostituirsi a una trattazione specialistica, ma offrire una riflessione teologica e spirituale che dialoga con alcuni concetti psicologici, nella consapevolezza dei propri limiti disciplinari. 

Adattamento senza verità: il rischio della neutralità

La psicologia classica — soprattutto quella di stampo umanista — tende a:

  • Promuovere l’adattamento sociale
  • Favorire la tolleranza universale
  • Evitare il senso di colpa
  • Sostenere la fiducia in sé stessi come fine ultimo

In questa visione, il “male” è ciò che genera sofferenza, e il “bene” è ciò che produce benessere. Il peccato non è contemplato, se non come errore da correggere per ritrovare equilibrio.

Questo approccio, pur utile in certi contesti clinici, rischia di anestetizzare la coscienza morale. Si cerca di “far star bene” l’individuo, non di condurlo alla verità.

 

Cristianesimo annacquato: il rischio di Laodicea

“Tu dici: ‘Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla’; e non sai che sei infelice, miserabile, povero, cieco e nudo.” (Apocalisse 3:17)

Il cristianesimo mondano — quello che evita il giudizio, il peccato, la croce — si avvicina alla psicologia generica nel suo desiderio di compiacere tutti.

  • Tolleranza universale
  • Rifiuto del pentimento profondo
  • Spiritualità senza santità

Questo tipo di fede non salva, ma consola senza trasformare.

 

Psicoanalisi e il concetto di peccato

La psicoanalisi — soprattutto freudiana — ha una visione più complessa:

  • Il Super-io può essere visto come coscienza morale interiorizzata
  • Le pulsioni sono forze che vanno comprese, non represse
  • Il terapeuta cerca di far emergere il rimosso, non di giudicarlo

Ma il fine resta la liberazione psichica, non la conversione spirituale.

Alcuni psicoterapeuti cristiani cercano di integrare il concetto di peccato, ma sono spesso limitati dall’etica professionale, che vieta l’evangelizzazione esplicita.

 

Esiste una psicoanalisi cristiana?

Non esiste una “psicoanalisi cristiana” in senso stretto, ma esistono:

  • Psicoterapeuti cristiani che integrano fede e clinica
  • Modelli di counseling cristiano (es. logoterapia di Viktor Frankl, psicologia pastorale)
  • Approcci spirituali alla cura dell’anima (es. Don Giuseppe Sovernigo, citato in )

Questi modelli cercano di riconoscere il peccato, favorire il pentimento, e guidare alla guarigione spirituale, non solo psichica.

 

Un accordo possibile?

Un vero accordo tra cristianesimo e psicologia è possibile solo se la verità spirituale non viene sacrificata:

  • Il terapeuta cristiano deve discernere il male, non solo “gestirlo”
  • Deve riconoscere il peccato, non solo “normalizzarlo”
  • Deve guidare alla libertà in Cristo, non solo all’equilibrio interiore

La psicologia può essere strumento, ma non fine. Il fine è la salvezza dell’anima, non solo il benessere della mente.


 Può essere d'aiuto questo Schema speculare: psicoanalisi e teologia






 

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