Rafforzati e Rafforza da 2 Timoteo 2:1-7 - Parte 1
di Renzo Ronca 7-5-25
Leggiamo questo passo come rivolto a noi
stessi in primo luogo, per rimetterci in sesto. Poi vedremo come proseguire con gli altri. Rapportiamo
allora lo stato d’animo di Timoteo, chiamato ad essere un giovane pastore ma
che, a sentire gli studiosi,[1] stava passando un periodo
di debolezza ed incertezza spirituale in cui rischiava di fermarsi.
- 2 Timoteo 1:6 – «Per questo motivo ti ricordo
di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l’imposizione delle mie
mani.»
- 1 Timoteo 4:14 – «Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato dato mediante una parola profetica con l’imposizione delle mani del collegio degli anziani.»
I credenti, specie se sono convertiti da
un certo tempo, dovrebbero tornare spesso indietro nella memoria in modo da ricordare
il loro primo contro con il Signore o “primo amore”. Purtroppo infatti capita
di dimenticarlo, per questo dice: Apocalisse 2:4-5 – «Ma ho questo
contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da
dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto
da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi.»
Questo versetto è un forte richiamo a non perdere la passione e la dedizione iniziale verso il Signore, proprio come Paolo esorta Timoteo a ravvivare il dono di Dio. È un invito a tornare alla freschezza e alla profondità della relazione con Cristo, senza lasciarsi sopraffare da paure o distrazioni, o come può capitare spesso in certe chiese, alla sterilità dell’abitudine.
Perché ci è
difficile ricordare le cose di Dio?
Ecco alcuni possibili motivi per cui i
nostri ricordi tendono a concentrarsi più sulle cose del mondo che sulle
esperienze di preghiera:
1.
Sovraccarico
di informazioni quotidiane – La
nostra mente è costantemente bombardata da stimoli esterni: notizie, social
media, impegni, responsabilità. Tutto questo riempie la nostra memoria
immediata e può far sì che i pensieri spirituali vengano messi in secondo
piano.
2.
Coinvolgimento
emotivo – Gli eventi del
mondo spesso suscitano emozioni forti (gioia, paura, stress, ecc.), e la
memoria tende a conservare più facilmente ciò che è legato a emozioni intense.
La preghiera, invece, può essere un’esperienza più tranquilla e interiore,
quindi meno “immediata” nella mente.
3.
Routine e
abitudini – Se le cose del
mondo fanno parte della nostra vita quotidiana e sono spesso ripetute,
diventano automaticamente i primi pensieri che emergono. Se la preghiera non è
una parte regolare della nostra routine, potrebbe non avere la stessa priorità
nei ricordi.
4.
Distrazioni
e mancanza di concentrazione – Viviamo in un’epoca di continua distrazione. Quando siamo immersi
nel mondo, la nostra attenzione è frammentata e spesso ci ritroviamo a pensare
a cose materiali anziché alle esperienze spirituali.
5.
Natura
umana e lotta spirituale – La
Bibbia ci insegna che esiste una battaglia spirituale tra la carne e lo spirito
(Galati 5:17). La nostra natura umana tende a essere attirata dalle cose
visibili e tangibili, mentre la vita spirituale richiede uno sforzo consapevole
per essere coltivata.
6.
Mancanza di
rinnovamento mentale – Paolo
esorta in Romani 12:2 a non conformarsi al mondo ma a "essere
trasformati mediante il rinnovamento della mente". Se la nostra mente
non è costantemente rinnovata attraverso la Parola e la preghiera, è più facile
che i pensieri si orientino verso le cose del mondo.
Quindi, la chiave potrebbe essere trovare modi per rendere la preghiera e la comunione con Dio una parte centrale della nostra vita quotidiana.
Gestire con sapienza
cristiana il nostro “Io”
Tuttavia tra spirito e corpo in continua
trasformazione, la nostra anima è guidata da una risultante che possiamo
chiamare il nostro “Io” e dovremmo imparare a gestirla con attenzione:
È un concetto profondo e molto significativo.
Come sappiamo, 1 Tessalonicesi 5:23 dice:
"Or il Dio
della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro,
lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del
nostro Signore Gesù Cristo."
Qui vediamo come Paolo suddivide l’essere umano in tre componenti: spirito, anima e corpo.
Dimentichiamo le mille interpretazioni psicologiche, teologiche, filosofiche su questi termini e seguiamone una con semplicità, altrimenti ci perdiamo:
Se consideriamo l’anima come la somma
di spirito e corpo, possiamo interpretarla come la risultante
dell’interazione tra la dimensione materiale e quella spirituale.
Ecco come possiamo sviluppare questa
prospettiva alla luce di 1 Tessalonicesi 5:23:
- Il corpo rappresenta la nostra parte fisica,
che ci permette di interagire con il mondo, percepire sensazioni e
svolgere azioni concrete.
- Lo spirito è la dimensione che ci connette con
Dio, la nostra parte eterna e invisibile, che può essere rigenerata
attraverso la fede.
- L’anima, quindi, risulta dall’unione di
questi due elementi. È il centro delle nostre emozioni, della volontà e
del pensiero. In questa visione, l’anima è ciò che dà forma alla nostra
identità, proprio perché è influenzata sia dal mondo fisico (corpo) sia
dalla realtà spirituale (spirito).
Se accettiamo questa formula anima =
spirito + corpo, allora possiamo dire che il destino eterno del nostro Io,
cioè della nostra anima, dipende da quale componente guida la nostra esistenza:
- Se il corpo domina e ci lasciamo trascinare solo dai
desideri materiali, l’anima sarà più vicina al mondo e lontana da Dio.
- Se lo spirito domina, e ci lasciamo trasformare dallo
Spirito Santo, allora l’anima sarà sempre più orientata verso il Signore e
pronta per l’eternità con Lui.
Quindi, la scelta di cosa alimenta la nostra anima—se il corpo o lo spirito—determina il nostro cammino e il nostro destino eterno. Questo è il punto cruciale della nostra responsabilità: decidere se vivere secondo la carne o secondo lo spirito, come insegna Paolo in Romani 8:5-6.
Non riposiamo sugli
allori del primo incontro - La perseveranza nella fede e la responsabilità di
usare i doni ricevuti.
La Bibbia ci offre diversi esempi di
uomini che, pur avendo sperimentato grandi manifestazioni di Dio, hanno poi
perso il Suo favore a causa della loro negligenza o compromesso. Ecco alcuni
esempi:
1. Salomone:
Saggezza ricevuta, ma cuore sviato
Salomone è forse il caso più emblematico.
Il Signore gli apparve due volte (1 Re 3:5 e 1 Re 9:2), concedendogli una
saggezza straordinaria e una prosperità senza pari. Tuttavia, negli ultimi anni
della sua vita, egli si lasciò trascinare dalle influenze delle sue molte mogli
straniere, cadendo nell’idolatria e dispiacendo al Signore (1 Re 11:4-11). Il
fatto che abbia ricevuto grandi rivelazioni non lo ha preservato
automaticamente dal declino spirituale—serve costante vigilanza.
2. Sansone: Forza
straordinaria, ma caduta nella disobbedienza
Sansone fu consacrato come nazireo e
dotato di una forza incredibile (Giudici 13:5). Tuttavia, cedette alla lusinga
di Dalila e trascurò il suo voto di consacrazione, perdendo la sua forza e
subendo la prigionia (Giudici 16:19-21). Anche lui aveva ricevuto un dono
unico, ma lo usò con leggerezza.
3. Saul: Chiamato,
ma abbandonato
Saul fu unto da Dio come primo re d’Israele e ricevette il favore divino. Tuttavia, la sua disobbedienza e il suo carattere impulsivo lo portarono a perdere il favore di Dio (1 Samuele 15:22-23), e alla fine lo Spirito del Signore si ritirò da lui (1 Samuele 16:14).
Applicazione per i
pastori e per chi serve il Signore
Questi esempi ci mostrano che non basta
aver ricevuto grandi benedizioni o chiamate da Dio: bisogna perseverare e
custodire il dono ricevuto. Il ricordo del primo amore deve essere un punto
di reset, un ritorno alla passione iniziale, alla freschezza della
comunione con Dio.
Paolo incoraggia Timoteo in 2 Timoteo 1:6 a ravvivare il dono di Dio che è in lui—una chiara indicazione che il fuoco della chiamata può affievolirsi se non viene alimentato. Il giovane pastore deve imparare a ripartire dalla forza di Dio, non dalle sue fragilità, evitando di osservare troppo le proprie debolezze. Il coraggio nel ministero viene dalla consapevolezza che ciò che Dio ci dona, ce lo affida, non ci appartiene, e dovremo anche renderne conto.
La responsabilità
del talento: non fermarsi
Gesù stesso avverte nel Matteo
25:14-30 (la parabola dei talenti) che chi nasconde il talento ricevuto e
non lo usa può essere giudicato severamente. Non usare ciò che Dio ci ha
dato è un peccato agli occhi dell’Eterno.
Inoltre, nel contesto della Chiesa, se
un membro si ferma, rischia di rallentare l’intero corpo di Cristo.
Il ministero nostro non è un cammino
solitario: è un lavoro “in cordata”, dove ogni ruolo è essenziale per il
progresso collettivo. Se un pastore si ferma per paura o insicurezza, tutta la
comunità ne risente.
Conclusione
Questa riflessione deve servire da esortazione per chiunque abbia ricevuto un dono da Dio: non lasciarlo inutilizzato, non sentirsi “sicuri” solo perché si ha avuto un’esperienza forte nel passato. Bisogna custodire il dono, ravvivarlo, e rimanere fedeli fino alla fine.
In questi tempi, dove molte chiese
sembrano essersi appiattite e la spiritualità sembra essere in crisi, vediamo
sempre più pastori online, insegnanti di fede virtuali e anziani che
diffondono scritti edificanti. Anche se il loro ministero non si svolge in
una comunità fisica, il loro lavoro ha un impatto enorme sulle “pecore
disperse nel web”, ovvero quei credenti che, per varie ragioni, non seguono
una chiesa locale.
Se questi ministri digitali si fermassero, interrompendo le loro esortazioni, studi biblici e insegnamenti, molte anime assetate di verità ne verrebbero private. Il loro ministero è un talento ricevuto da Dio, e come abbiamo visto nella Parabola dei Talenti (Matteo 25:14-30), nascondere o non usare ciò che Dio ha dato non solo è una grave negligenza, ma può essere considerato un peccato agli occhi dell’Eterno.
La battaglia nel
mondo digitale
Questi servitori di Dio non devono solo
affrontare l’indifferenza generale verso la Parola, ma anche combattere contro moltissimi
falsi profeti che predicano sul web, distorcendo, condizionando e
confondendo i credenti con dottrine errate. Paolo stesso ci aveva avvertiti
in 2 Timoteo 4:3-4:
"Verrà il
tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma per prurito di udire si
cercheranno maestri secondo le proprie voglie e distoglieranno le orecchie
dalla verità, per rivolgersi alle favole."
È esattamente ciò che vediamo oggi. Per questo, chi diffonde la vera Parola di Dio deve rimanere saldo e perseverare nel suo ministero, sapendo che ogni esortazione, ogni insegnamento, ogni studio biblico può essere una luce per chi è smarrito.
Esortazione finale:
come Timoteo, rafforzati nella fede!
A coloro che predicano online con fede
pura e cuore sincero, vorremmo dire le stesse parole che Paolo disse a
Timoteo:
"Tu dunque,
figlio mio, fortificati nella grazia che è in Cristo Gesù." (2 Timoteo 2:1)
Non abbiate paura. Non fermatevi. Ciò
che Dio vi ha dato, vi è stato affidato non vi appartiene, ma dovrete anche
renderne conto. Se un pastore, un insegnante, un anziano si ferma, non è
solo lui che si ferma, ma si blocca un intero progetto che Dio aveva
affidato a lui. E se uno si arresta, chi lo seguiva può restare senza guida e
rischiare di perdersi. Siamo tutti parte della stessa squadra, e ogni voce
che proclama la verità è indispensabile!
Che la grazia di Dio sia forza per tutti
coloro che perseverano nel ministero online e reale. Non fermiamoci!
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