Verso la Luce – Rami da Rimuovere nel Cammino Cristiano - n. 160

 -di Renzo Ronca  18-1-25   prosegue da https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/10/verso-la-luce-speranza-oltre-la.html

Terza parte del ciclo “Notte Senza Stelle”

Introduzione: un’azione attiva che rischiara il buio

Oggi consideriamo un’azione trasversale attiva da parte nostra, che potrebbe rischiarare il buio. Ho detto azione attiva perché non è più introspettiva e passiva, ma riguarda ciò che ci sta davanti. Non si tratta di analizzare le difficoltà passate, né di osservarsi dentro, ma di guardare avanti, andare oltre.

L’azione simbolica: la foresta e la luce

Un esempio: immaginiamo una stradina che si snoda dentro una foresta intricata. Più gli arbusti, i rovi e gli alberi sono fitti, meno vedremo la luce del sole. Ma anche nel buio possiamo capire cosa si frappone tra noi e la luce: sono i rami.

Se il sole è oscurato, non è più un problema esistenziale: capiamo il motivo. Ci sono dei rami in mezzo, tra noi e il sole; sono come barriere, impedimenti che, teoricamente, potremmo rimuovere. Non è facile, ma con determinazione, un poco alla volta, dopo averli identificati, potremmo eliminarli.

L’identificazione: cosa oscura il nostro cammino?

Riportando questa immagine della foresta intricata nel nostro cammino di fede, possiamo chiederci allora: quali sono i rami che, invece di proteggerci, mantengono oscura la nostra strada?

Primo ramo da rimuovere: la superficialità e la promiscuità della chiesa compromessa

Una parte della chiesa sta andando troppo incontro al mondo, accettando compromessi che impediscono di distinguere con nitidezza tra fede e non-fede. Si pronunciano preghiere con la bocca, ma la condotta non è conforme al Vangelo. Questo genera una spiritualità ibrida e tiepida, come quella di Laodicea (Apocalisse 3:14–22). Avendo scritto molto su questo tema nel corso degli anni, non lo approfondisco qui. Chi è interessato può contattarmi e riceverà materiale dedicato.

Secondo ramo da rimuovere: il ripiegamento cristiano verso il giudaismo che causa divisione nelle chiese

Il secondo grosso ramo-ostacolo da rimuovere è il ritorno mascherato a forme legalistiche giudaiche, che appesantiscono la fede e ne oscurano l’amore. Questo sarà oggetto della prossima sezione.

La deriva farisaica: quando la legge o l’idealizzazione oscurano la grazia

Non si tratta di uno studio intorno alle radici bibliche che sarebbe buono, ma di una deriva farisaica, che ci porterebbe agli antichi giudei farisei che appesantivano la fede con doveri e ombre. Questo tipo di spiritualità non è edificante: – non libera – non consola – non prepara alla venuta del Signore. È una religiosità che si nutre di penombra nazionalista etnica, di fantasmi dottrinali, di precetti che non salvano. È il contrario della grazia, che invece illumina e libera allo stesso modo chiunque crede nel Signore, non solo i giudei.

Approfondimenti

Come dicevamo, studiare la mentalità giudaica è utile e legittimo. Altrimenti, come potremmo comprendere gli scritti della Bibbia? È bene studiare le origini etimologiche delle parole ebraiche, i loro usi, costumi, tradizioni, il loro modo di pensare, ecc. Tutto questo va benissimo. Il punto è un altro: in molte brave persone credenti ci sono eccessi di zelo inconsapevoli.

Perché può avvenire questo? Le cause sono semplici e non derivano da una intenzione di peccato: una potrebbe essere una eccessiva ammirazione per il popolo di Dio dell’Antico Testamento.

L’ammirazione dello studioso biblico

Come lo straniero che, dopo aver studiato la storia dell’Impero Romano, visita Roma e prova una normale emozione, così lo studioso cristiano che percorre l’Antico Testamento con grande rispetto, può essere emozionato nel sentire una lingua simile a quella che usava Gesù, a percorrere la strada del tempio che ha percorso Gesù.

Ma dopo l’ammirazione e l’emozione, se la fede non è ben radicata nel cuore del credente con la rivelazione vera del Cristo, il passo verso l’idealizzazione potrebbe essere molto breve. Ricordo che idealizzazione ed idolo hanno radici simili.

La realtà storica può avviare ad un ridimensionamento dell’idealizzazione

Nella storia del popolo di Israele la presenza di Dio è stata continua. Questo ci affascina e attrae. Ma ci attrae la presenza di Dio, o quel popolo avvicinato da Dio? L’Israele delle vicissitudini storiche che vede lo studioso è spesso molto più grande della realtà. Come nei nostri sogni i luoghi dell’infanzia se andiamo a rivederli davvero, sono molto più piccoli di come li ricordavamo.  Per chi ha idealizzato Israele succede più o meno la stessa cosa: c’è un momento in cui ci si sveglia, e si vede l’Israele reale di oggi che è più piccola di come il nostro pensiero l’aveva immaginata sui libri.

Gerusalemme: tra realtà storica e linguaggio spirituale

Gerusalemme nella Bibbia è spesso simbolo di comunione, promessa e santità, ma le sue dimensioni storiche reali erano molto più contenute di quanto molti immaginano. Studi archeologici recenti confermano che la grandezza fisica della città non corrisponde alla sua portata spirituale. Gli studi archeologici confermano che la Gerusalemme del periodo biblico era una città relativamente piccola, soprattutto in epoca davidica e salomonica.

Secondo gli studi riportati da Biblistica.it e da fonti accademiche come la Custodia di Terra Santa, l’area urbana di Gerusalemme all’epoca di Davide si estendeva su circa 4–6 ettari, con una popolazione stimata tra 1.000 e 2.000 abitanti. Anche nel periodo del Primo Tempio, la città non raggiunse mai dimensioni paragonabili alle grandi capitali del mondo antico. Questa discrepanza tra la dimensione fisica e la centralità spirituale è significativa e si può interpretare in questo modo: Gerusalemme è “grande” non per la sua estensione, ma per ciò che rappresenta. Come afferma uno studio pubblicato su Bibbiaparola.org, Gerusalemme è il luogo dove “Uomo e Dio sono divenuti più vicini”. 

Questo esempio archeologico che dai dati raccolti e da relazioni di storici recenti sembra storicamente corretto, non è importante di per se stesso - in fondo poco ci interessa che una città o una nazione sia più piccola di come l’abbiamo sempre pensata, anche Roma all’inizio non era granché -  Il ragionamento potrebbe rivelare invece una verità della nostra mente: non potremmo aver ingigantito anche il significato essenziale di Israele e di Gerusalemme coi suoi usi e costumi idealizzati? Vediamo meglio:

Gerusalemme: simbolo spirituale oltre la pietra

La Bibbia stessa, verso la fine, suggerisce una lettura spirituale di Gerusalemme. In Ebrei 12:22, si parla della “Gerusalemme celeste”, città di Dio, che non è geografica ma escatologica. In Apocalisse 21, la nuova Gerusalemme scende dal cielo, ornata come una sposa, e rappresenta la dimora eterna dei redenti.

Questa visione è coerente con l’idea che la Gerusalemme terrena sia un’ombra di quella celeste, e che la sua grandezza non sia da misurare in metri, ma in significato.

Perché questo esempio archeologico è importante oggi

Molti studiosi e credenti, affascinati dalla storia biblica, rischiano di idealizzare Israele e Gerusalemme come sono oggi, attribuendo loro un ruolo teologico che la Scrittura riserva invece alla rivelazione spirituale. Questo può portare, anche involontariamente, a una forma di giudaizzazione, dove la fede cristiana viene appesantita da aspettative storiche e rituali che non appartengono alla grazia.

Riconoscere la piccolezza storica comprovata di Gerusalemme ci aiuta a comprendere che la grandezza della fede non dipende dai luoghi, ma dalla presenza di Dio. E ci libera dalla tentazione di cercare Dio nei monumenti, nelle tradizioni, nelle prescrizioni — invece che nel cuore.

Fonti archeologiche e bibliche consultate

  • Biblistica.it – Gerusalemme, la città santa
  • Bibbiaparola.org – Gerusalemme e la Terra Santa
  • Ebrei 12:22, Apocalisse 21, Salmo 122, Neemia 11:1

Riflessione sul pensiero cristiano contemporaneo

Vi sono poi altri motivi che alimentano l’idealizzazione di Israele, e che meriterebbero una riflessione attenta. Alcuni di questi motivi affondano le radici nel nostro modo di pensare dal dopoguerra in poi, dove si sono stratificate contraddizioni storiche e teologiche.

Non si tratta solo dell’ammirazione dello studioso, ma anche di una tradizione diffusa, che ha portato molti cristiani a vedere Israele e il popolo ebraico da una sola angolazione: quella del popolo ingiustamente perseguitato. Questa visione, nata da una giusta compassione e da un desiderio sincero di amicizia e sostegno, ha contribuito a formare una mentalità aperta, accogliente, tollerante.

Tuttavia, dopo settant’anni e alla luce di eventi recenti, alcune perplessità iniziano a emergere. Si stanno verificando fratture tra le chiese, e il dibattito su Israele come Stato moderno si intreccia con tensioni dottrinali e politiche che rischiano di confondere il cammino spirituale.

Uno sguardo sobrio e spirituale

A prescindere dalle dinamiche del popolo ebraico, che rimane per molti aspetti chiuso e difficile da comprendere dall’esterno, ciò che ci interessa come cristiani è il discernimento spirituale. Non lo studio geopolitico, ma la comprensione del tempo che viviamo alla luce del Nuovo Testamento — soprattutto in relazione al periodo di tribolazione.

Non è facile parlarne, perché gli estremismi dottrinali e le tensioni ideologiche rendono difficile ogni dialogo sereno. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia, quando il dibattito su vaccini e libertà ha diviso le comunità. Ancora oggi, molte chiese portano le ferite di quelle incomprensioni.

Per questo, parlare del comportamento di uno Stato moderno che fa la guerra, non dovrebbe essere il centro della nostra attenzione; se mai un segno possibile tra i segni che anticipano il ritorno di Gesù.  Israele come Stato e nazione moderna, con tutto il rispetto, non è il fulcro della fede cristiana.

Nel cristianesimo è presente un “Israele di sopra” (Galati 4:26), che rappresenta la realtà spirituale libera e celeste, e questo è ciò che ci interessa: la continuazione del rimanente salvato per grazia (Romani 11:5) nel quale siamo inseriti anche noi.

Il rimanente: una realtà spirituale da custodire

Rimuovere questo secondo ramo – come dicevamo all’inizio -  che impedisce di vedere bene il nostro cammino cristiano, è oltremodo difficile.  Vedere un tutto unico del rimanente è un obiettivo giusto, ma considerando la mentalità confusa che si è infiltrata nelle chiese attuali, è veramente difficile da realizzare e probabilmente ci riuscirà solo in parte, perché il tempo rimasto è poco. Le parole e i ragionamenti stessi, spesso viziati dall’asprezza delle divisioni, lo impediscono. Ma se è difficile per noi non lo sarà per il Signore.

Che Dio ci aiuti a custodire la comunione dello Spirito, a cercare la Gerusalemme di sopra, e a camminare non per visione, ma per fede.

Per il momento ci fermiamo qui.



 

Commenti