Verso la Luce – Speranza Oltre la Speranza nel Cammino Cristiano - n. 159

 -di Renzo Ronca  17-10-25

Seguito di “Notte Senza Stelle – Scritto Complesso ed Articolato per Quando si Attraversano Fasi di Oscurità Interiore” ritornocristiano.blogspot.com/2025/10/notte-senza-stelle-scritto-complesso-ed.html


La volta precedente abbiamo parlato della notte senza stelle, cioè di una condizione di resistenza silenziosa, in cui la fede non opera, ma sopravvive. Si tratta, in fondo, di una estrema condizione passiva di resistenza.

“Perché ti abbatti, anima mia? Perché ti agiti in me? Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora; egli è il mio salvatore e il mio Dio.” (Salmo 42:5, 11; 43:5)

In pratica, l’uomo avvilito, disperato, depresso, anche se non riesce più ad alzarsi, non smette comunque di vivere. E se vive, anche in mezzo a forze oscure che sembrano sovrastarlo, è come se pensasse sempre a Dio. Immobile e stanco, ma in attesa.

“Egli, sperando contro ogni speranza, credette…(Romani 4:18)

Questa estrema resistenza passiva, che rimane viva anche se la ragione ti dice che non c’è nulla da sperare, è una fede che ha molto valore. Perché non confidi più in te stesso, ormai abbattuto, ma solo in Dio:

“Egli, sperando contro ogni speranza, credette… Perciò gli fu messo in conto come giustizia.” (Romani 4:18; 22)

Mosè era un uomo reso molto forte da Dio. Egli lo mandò a condurre un popolo in un viaggio di liberazione e crescita progressiva delle rivelazioni dell’Eterno. Eppure anche quest'uomo forte ebbe dei momenti di disperazione.

Seguiamo queste vicende rapportandole, per esempio, alla difficoltà di un pastore moderno nel condurre il suo gregge quando questo si comporta sempre male. E in forma più dettagliata, pensiamo anche alla folla di pensieri e impulsi contraddittori della nostra persona, che persistono a rimanere ribelli perché legati ancora alla carne e al mondo. Vediamo alcuni momenti di Mosè in Numeri 11, poi faremo delle considerazioni.

La disperazione di Mosè

Numeri 11:1 Or il popolo cominciò a mormorare in modo irriverente alle orecchie del SIGNORE. 4 L'accozzaglia di gente raccogliticcia che era tra il popolo fu presa da concupiscenza; e anche i figli d'Israele ricominciarono a piagnucolare e a dire: «Chi ci darà da mangiare della carne?» 10 Mosè udì il popolo che piagnucolava in tutte le famiglie… 13 Dove prenderei della carne da dare a tutto questo popolo? Poiché piagnucola dietro a me, e dice: "Dacci da mangiare della carne!" 14 Io non posso, da solo, portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. 15 Se mi vuoi trattare così, uccidimi, ti prego; uccidimi, se ho trovato grazia agli occhi tuoi; che io non veda la mia sventura!» 16 Il SIGNORE disse a Mosè: «Radunami settanta fra gli anziani d'Israele… 17 Io scenderò e lì parlerò con te; prenderò lo Spirito che è su te e lo metterò su di loro, perché portino con te il carico del popolo e tu non lo porti più da solo.»

Vediamo alcuni punti nel dettaglio

Cominciò a mormorare in modo irriverente alle orecchie del SIGNORE…

Il mormorio del popolo contro Dio, descritto sopra, non è soltanto un episodio circoscritto a quel momento storico. È una dinamica spirituale che attraversa il tempo: rappresenta la matrice profonda di ogni comunità moderna chiamata a seguire un percorso di fede.

Si tratta di una radice terrena e maligna, ereditata dal peccato originario in Eden, che si annida nel fondo della nostra natura e tenta costantemente di svilire ogni slancio verso la santificazione.

Questa radice si manifesta in modo emblematico nel v. 4:

L’accozzaglia di gente raccogliticcia che era tra il popolo fu presa da concupiscenza.

Non si tratta solo di una minoranza etnica o sociale, ma di un residuo spirituale dell’ingannatore, che tenta sempre di emergere subdolamente. È una componente interiore che, se non vigilata, trascina il popolo dal mormorio alla ribellione, e dalla ribellione all’idolatria — fino al vitello d’oro.

Questa dinamica non è estinta: è presente anche oggi, nelle comunità e nei singoli credenti. Per questo, la vigilanza non è solo un atteggiamento morale, ma una necessità spirituale per non lasciar spazio a ciò che, sotto apparenze religiose, vuole spegnere la santificazione e deviare il cammino verso Dio.

La preghiera accorata di Mosè

Mosè disperato si lamenta e dice il vero, ma non lo fa in una autocommiserazione sterile. Lo dice a Dio, perché Lui può ogni cosa. È una disperata richiesta d’aiuto, anch’essa come una preghiera accorata:

“Io non posso, da solo, portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. Se mi vuoi trattare così, uccidimi, ti prego; uccidimi, se ho trovato grazia agli occhi tuoi; che io non veda la mia sventura!” (Numeri 11:14–15)

Alziamo anche noi a Dio la nostra incapacità, la nostra disperazione. Perché se ci rivolgiamo a Lui, non siamo ancora sconfitti, ma confidiamo ancora in Lui. Egli, in qualche modo che non sappiamo, interverrà.

L’importante è rimanere vivi al nostro posto. Se Mosè non ce la fa più da solo, se il pastore della comunità si trova di fronte ad ostacoli più grossi di lui, se noi stessi sentiamo un peso eccessivo che non riusciamo a portare nella vita di tutti i giorni, rivolgiamoci a Dio anche nella disperazione.

Ricordiamolo all’anima nostra abbattuta: Lui può ogni cosa, non noi. Infatti dice: “Io aprirò una strada dove non c’era, farò scorrere fiumi dove prima c’era il deserto.” (Isaia 43:19 – TILC)

La risposta del Signore

“Radunami settanta fra gli anziani… Io prenderò lo Spirito che è su te e lo metterò su di loro, perché portino con te il carico del popolo e tu non lo porti più da solo.” (Numeri 11:16–17)

Anche questa risposta non si può confinare in un episodio ristretto della storia di Mosè, ma va vista come un insegnamento valido sempre. In pratica, l’Eterno manda un grande aiuto a Mosè: settanta anziani, in modo da aiutarlo a portare il peso della responsabilità e della fatica del cammino. Assomiglia ad un altro stato di terribile crisi, quello di Elia:

Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, hanno demolito i tuoi altari, io sono rimasto solo e cercano la mia vita.” Ma che cosa gli rispose la voce divina? “Mi sono riservato settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal.(Romani 11:2–4)

Così, anche al presente, c'è un residuo eletto per grazia.

Speranza oltre la speranza

Allora il pastore, o noi stessi per la nostra persona, anche se la mente ci dice il contrario, sappiamo di poter e dover avere speranza oltre la speranza. Per quanto doloroso possa essere il nostro senso di morte, la normalità di chi testimonia il Cristo non è una vita sempre spensierata e sorridente, ma una coesistenza della potenza di Dio dentro un vaso fragile“Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi. Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all'estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati, ma non uccisi; portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Infatti, noi che viviamo siamo sempre esposti alla morte per amore di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale.” (2 Corinzi 4:7–11)

Dunque non importa se non ce la facciamo più. Per quanto possa sembrare assurdo, non importa.

Osserviamo quel senso di nullità e di morte non con ribellione, non con accusa o senso di colpa, e nemmeno con disprezzo, ma con un compatimento amoroso verso la nostra natura attuale di carne debole, limitata e fragile — come un vaso di terracotta che subito si può rompere.

Quando vediamo che il peso ci schiaccia, allora fermiamoci. Non andiamo oltre — né per fare gli eroi che si sacrificano a dispetto della vita (“Voglio misericordia, non sacrificioMatteo 9:13; 12:7), né per distruggere noi stessi spezzando da soli il vaso in modo da non sentire più il peso. Perché quel vaso è stato creato direttamente da Dio ed è meraviglioso. Il nemico non è il vaso ma la forza oscura maligna che vuole distruggerlo.

Andiamo al Signore, così come siamo, anche a brandelli. E poi aspettiamo.

Ma anche se ci sentiamo come morti? Si, seppure ci sentiamo così, allora aspettiamo come se fossimo morti. Dio esiste e non ci abbandonerà, ci farà rivivere. Non riusciamo a capire come farà? Non fa niente non è necessario saperlo, saprà Lui come fare. Ci manderà un aiuto inaspettato. Lo farà per il Suo Nome, in virtù delle Sue promesse perché non Lo abbiamo rinnegato. E poi non siamo soli: e c’è un popolo intero sparso per il mondo che, come noi, non Lo ha rinnegato.

Questo è il rimanente che il Signore gradisce e farà incontrare come “Chiesa”, il rimanente che eleggerà, trasformandolo in corpi gloriosi, e che un giorno farà governerà con Lui. 

 

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