Neemia 8 -La Parola di Dio al Centro della Piazza - Scendiamo nei Particolari Rapportandoli ad Oggi - parte 4 - n. 87

 -di Renzo Ronca  26-8-25  [prosegue da https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/08/il-contesto-di-neemia-82-rapportato-al.html ]

La Parola al Centro: Una Folla in Silenzio

Neemia 8:3 Egli lesse il libro sulla piazza che è davanti alla porta delle Acque, dalla mattina presto fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne, e di quelli che erano in grado di capire; e tutto il popolo tendeva l'orecchio, per sentire il libro della legge.

Questo versetto ci offre una scena di intensa partecipazione spirituale. Immaginiamo di osservarla dall’alto, come in una ripresa moderna con un drone che sorvola le mura ancora malridotte e la porta delle Acque, in una città ferita ma viva, in fase di ricostruzione. Dopo aver delineato il programma di riedificazione, la narrazione compie una transizione visiva: la videocamera si abbassa lentamente, rivelando la piazza polverosa, il varco delle mura, e la folla radunata.

Vediamo uomini, donne e tutti coloro che sono in grado di comprendere, raccolti in silenzio. Al centro, Esdra legge il libro della legge. E lo fa dalla mattina presto fino a mezzogiorno—un arco di tempo lungo, forse cinque o sei ore, in cui il popolo rimane in ascolto, immobile, attento. Il tempo terreno scorre, ma ciò che viene proclamato appartiene a un’altra dimensione: la Parola è eterna, e in quel momento, il popolo è sospeso tra cielo e terra.

L’attenzione è palpabile, quasi sacra. Non c’è rumore, solo la voce che proclama la Parola e il cuore del popolo che risponde con reverenza. La scena è costruita con maestria: progressiva, dettagliata, ma sempre con lo sguardo sull’insieme. È come se fossimo lì, testimoni di un momento di risveglio spirituale collettivo, dove la Parola torna al centro e il popolo si raccoglie attorno ad essa con fame e sete di verità.

Scendiamo nei particolari: La Parola innalzata, i cuori consacrati  

Neemia 8:4 Esdra, lo scriba, stava sopra un palco di legno, che era stato fatto apposta; accanto a lui stavano, a destra, Mattitia, Sema, Anania, Uria, Chilchia e Maaseia; a sinistra, Pedaia, Misael, Malchia, Casum, Casbaddana, Zaccaria e Mesullam.

La scena si stringe, come in una zoomata lenta e rispettosa. Dopo aver visto la folla raccolta nella piazza, ora il nostro sguardo si posa su Esdra lo scriba e su coloro che lo affiancano. Ogni dettaglio è carico di significato.

Esdra lo scriba: un uomo qualificato per la Parola

Esdra non è un lettore qualunque. È scriba, cioè esperto nella Legge, capace non solo di scrivere ma di comprendere, interpretare e insegnare. È una figura altolocata, preparata, consacrata per il compito di trasmettere la Parola. La sua presenza è autorevole, non per potere umano, ma per autorità spirituale. E come ci dirà il versetto 9, è anche sacerdote, “fatto sacro”, ponte tra Dio e il popolo.

Il palco costruito apposta: l’elevazione della Parola

Il palco di legno non è un dettaglio tecnico: è un simbolo. Non è la persona a essere innalzata, ma la Parola. Come nei nostri tempi si costruiscono palchi per concerti e leader, qui il centro non è la fama, ma la rivelazione. Il palco è stato fatto apposta, con intenzione, con cura. È un altare visivo, un punto elevato che richiama l’anelito verso Dio. La Parola viene posta in alto perché è sopra ogni cosa.

I compagni di Esdra: una solenne assemblea sacerdotale

Accanto a Esdra ci sono uomini elencati con precisione, sei alla sua destra e sette alla sinistra. Non sono comparse: probabilmente sono sacerdoti anch’essi, scelti per accompagnare, ascoltare, sostenere. La scena è solenne, organizzata, rispettosa. Non c’è improvvisazione, ma preparazione spirituale.

I nomi: Dio chiama i cuori, non le folle

Ogni nome è riportato. Non si dice “alcuni uomini”, ma si elencano uno per uno. Questo ci ricorda che Dio non consacra masse indistinte, ma cuori singoli. La Parola è per tutti, ma viene trasmessa attraverso strumenti scelti, preparati, resi idonei. L’elenco dei nomi è un atto di riconoscimento: Dio conosce chi chiama, e chi chiama lo fa con precisione e intenzione.

Ritorno alla Sostanza: La Parola come Fondamento, non come Scenografia

E anche oggi, in tempi difficili che si affacciano alla tribolazione, non possiamo permetterci una fede generica, svuotata, accomodante. Non basta più il linguaggio religioso, non bastano più i proclami di pace sbandierati da pulpiti illuminati e palchi televisivi. Serve una fede radicata, profonda, che nasce dal patto interiore con Dio e non dalla scenografia esteriore.

Troppo spesso, anche nel nostro tempo, si rischia di emulare il passo di Neemia solo nella sua forma visiva: il palco, la folla, il nome del sacerdote, la solennità dell’evento. Ma se tutto questo diventa spettacolo, se la Parola viene usata come ornamento e non come fondamento, allora abbiamo tradito il senso stesso della ricostruzione spirituale.

Ci sono leader religiosi che parlano di Dio ma mostrano solo se stessi. Si presentano come personaggi idealizzati, circondati da luci, telecamere e applausi, ma lontani dalla sostanza della Parola. Alcuni invocano la grazia non da Dio, ma da uomini e donne morti, elevati a corredentori e santi, dimenticando che solo Cristo è il mediatore e il fondamento della nostra fede.

Questa vanità visiva, questa idolatria del personaggio, è una trappola. È il rischio di costruire templi scenografici senza pietre vive. È il pericolo di parlare di Dio senza ascoltarlo davvero. È il rischio di confondere la consacrazione con la celebrità.

Ma la vera ripartenza non avviene sotto i riflettori. Avviene nel cuore. Servono cuori consacrati, uomini e donne che non si accontentano di parole vuote ma cercano la sostanza. La Parola deve tornare al centro, non come decorazione liturgica, ma come roccia su cui edificare. È lì, e solo lì, che troveremo la forza per restare saldi quando le fondamenta del mondo inizieranno a tremare.

 (continua in https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/08/la-solennita-dellascolto-la-parola.html

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