Lingua Originaria, Babele, il Fico Seccato e l’Innesto Spirituale - Studio n. 140

di Renzo Ronca - 28-9-25  (Continua da https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/09/israele-al-centro-perche-ne-parliamo.html )

 Secondo una tradizione rabbinica, riportata da Rashi di Troyes nel suo commento alla Genesi (Genesi 2:23), Adamo parlava già l’ebraico. L’argomento si fonda sull’etimologia delle parole ish (uomo) e ishah (donna), che condividono la radice solo in ebraico.[1]

La prima volta che lessi questa ipotesi, mi parve una delle solite affermazioni fortemente centrate sull’ebraicità — quasi una rivendicazione identitaria più che una deduzione esegetica. Personalmente, ritengo ancora questa idea avventurosa: non possiamo sapere con certezza quale fosse la lingua originaria dell’umanità, e identificarla con l’ebraico rischia di confondere il piano simbolico con quello storico. Tuttavia, vera o meno che sia, questa affermazione ci è utile per comprendere una certa mentalità giudaica: quella che vede Israele non solo come “unico” popolo eletto, ma come radice originaria della rivelazione, e persino della creazione stessa. Questo sembra essere per molti ebrei il loro modo di pensare.

Già con la torre di Babele, l’umanità mostrò la tendenza a frammentarsi e a perdere il linguaggio comune della rivelazione. “Il Signore confuse la lingua di tutta la terra” (Genesi 11:9). È un tratto di selvaticità spirituale: l’uomo che, invece di custodire l’unità ricevuta, la spezza per costruire una propria grandezza.

Come accade in agricoltura, anche gli alberi buoni possono diventare selvatici. Mio padre, contadino esperto, lo sapeva bene: prendeva alberi da frutto selvatici — più resistenti, più forti — e vi innestava rami di alberi domestici, già certi nel frutto. Era un gesto sapiente, che univa forza e promessa.

Così accadde anche nella storia spirituale. L’albero ebraico, pur nato da radice santa, divenne in parte selvatico: resistente, ma incapace di portare il frutto pieno. Fu momentaneamente messo da parte, come dice Paolo, “per la loro caduta, la salvezza è giunta ai Gentili” (Romani 11:11).

Questo  albero che, pur nato da radice santa, non porta il frutto atteso potrebbe assomigliarsi  al fico (altro simbolo di Israele) che Gesù trovò senza frutti, benché non fosse la stagione: “Non era tempo di fichi” (Marco 11:13). Eppure, il Signore cercava frutto e non trovandolo lo seccò. Questo gesto, che può sembrare illogico e duro, rivela una verità spirituale: davanti a Dio, il tempo del frutto del Suo popolo non è soggetto alle stagioni terrene. Il cuore che riceve la Parola è chiamato a portare frutto sempre, in ogni tempo. L’albero ebraico, pur forte e resistente, non rispose alla visita del Figlio con il frutto della fede. E così, su quella radice, Dio innestò un virgulto — “un germoglio spunterà dal tronco di Iesse” (Isaia 11:1) — che è Cristo, il Figlio incarnato.

Da quel momento, l’albero-radice continuò a vivere, ma solo per chi rimane innestato in Cristo Gesù: “Io sono la vite, voi siete i tralci. Senza di me non potete fare nulla” (Giovanni 15:5). E ogni tralcio che non porta frutto, sarà reciso e bruciato (Giovanni 15:6).

Questa immagine dell’innesto non è solo agricola: è spirituale, profetica, escatologica. Parla di un popolo che ha radici antiche, ma che ha bisogno di essere rinnovato nel cuore, nella fede, e nel frutto. E parla anche di noi cristiani, innestati per grazia, chiamati a portare frutto degno della radice che ci sostiene. Infatti Paolo scrive: “Tu, che eri olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della linfa dell’olivo” (Romani 11:17).



[1] Nota esegetica: Adamo parlava ebraico?

Nel Commento alla Genesi di Rashi di Troyes (1040–1105), uno dei più influenti maestri dell’esegesi rabbinica medievale, si trova un’osservazione significativa su Genesi 2:23, dove Adamo chiama la donna “ishah” perché tratta da “ish”. Rashi sottolinea che questa etimologia funziona solo in ebraico, e quindi deduce che Adamo parlasse già questa lingua.

Questa idea, pur non dogmatica, è radicata nella visione rabbinica secondo cui l’ebraico è la lingua della creazione, della Torah, e della rivelazione divina. Alcuni midrashim (come Bereshit Rabbah) rafforzano questa lettura, affermando che Dio creò il mondo con le lettere dell’alfabeto ebraico.

Etimologia:

·         Ish (אִישׁ) = uomo

·         Ishah (אִשָּׁה) = donna La somiglianza fonetica ed etimologica è visibile solo in ebraico, non in altre lingue.

Dove trovarlo: Nel volume Commento alla Genesi (Marietti Editore), cerca la nota a Genesi 2:23. Rashi scrive:

“Perché da ‘ish’ è stata tratta ‘ishah’ — questo mostra che Adamo parlava ebraico.” (Traduzione adattata)

 

Prosegue in https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/09/dal-farisaismo-al-rabbinismo-una-linea.html 




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