Principio della Sofferenza: Ragionamenti Cristiani sul Come e Perché

 -di Renzo Ronca 19-6-25

 Il nostro modo di ragionare si fonda su princìpi sani e intuitivi: non dovrebbero esistere sofferenze, dolori, malattie, ingiustizie né la morte. Ogni volta che queste realtà si manifestano, cerchiamo di combatterle o eliminarle. Questo principio, forse, riflette l’intento originale di Dio nella creazione dell’uomo e della donna. Non sorprende, dunque, che sia inciso nel nostro senso morale e nel modo in cui percepiamo l’esistenza.

Tuttavia, tendiamo a dimenticare che non viviamo più nel paradiso terrestre, dove tutto si svolgeva in maniera coerente e “buona”. In Genesi 1, infatti, si ripete frequentemente: “E Dio vide che era buono” (Genesi 1:4, 10, 12, ecc.). Questa visione amorevole e produttiva della bontà continua a risiedere, seppur in forma velata, nel cuore dell’uomo.

Come afferma Ecclesiaste 3:11: “Egli ha fatto ogni cosa bella a suo tempo; ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere l’opera che Dio compie dal principio alla fine.” L’uomo conserva dunque una traccia interiore dell’eternità, anche se non può afferrarla appieno.

Ma il peccato, nato dalla disobbedienza dell’uomo nel custodire il giardino di Dio, ha spezzato bruscamente quell’equilibrio originario. Dio aveva posto nella creazione princìpi d’amore destinati a crescere e moltiplicarsi. Un ordine armonioso, senza traumi, scandito da regole di vita stabilite dall’Eterno. L’uomo, allontanato dall’Eden, si è collocato “fuori” da quel disegno, avendo ingerito—simbolicamente—il boccone dell’anti-Dio.

Non si trattò soltanto della punizione di un Re severo, ma anche di una protezione: se l’uomo fosse cresciuto nel peccato in un ambiente eterno e incorrotto, il peccato stesso si sarebbe perpetuato nell’eternità. Ma Dio è Amore eterno, e la presenza di un “anti-dio” fondato sulla menzogna e sulla morte non avrebbe potuto sussistere nella sua gloria. Sarebbe stato annientato istantaneamente, insieme all’umanità intera che Dio aveva concepito nella sua mente d’amore, ma che non sarebbe mai potuta nascere.

Infatti, “di Dio ce n’è uno solo” (1 Corinzi 8:6), e Satana, per quanto potente rispetto all’uomo, rimane pur sempre una creatura che aspira ingannevolmente a divinizzarsi. Può davvero una creatura diventare Dio?

L’uomo post-Eden porta in sé una doppia radice: quella della morte, ereditata dal peccato, che lo rende fragile e sofferente; e quella della vita eterna, ancora nascosta nel suo spirito dietro una porta chiusa, ma che alimenta in lui la speranza del ritorno al Paradiso di Dio.

Ed è proprio qui, per quanto riesco a comprendere, che nasce il principio della sofferenza: dal conflitto interiore tra il progetto salvifico di Dio (ancora accessibile per mezzo di Cristo) e la menzogna del peccato introdotta da Satana.

In questo senso, la sofferenza—fisica, ma soprattutto esistenziale—fa parte della condizione dell’uomo dopo l’Eden. È congenita, ma non eterna. È profonda, ma non definitiva. Ed è proprio lì che si gioca la tensione tra caduta e redenzione.

(continua in https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/06/dalle-radici-dellanima-in-genesi-studio.html )

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