Sofferenza e Nostalgia del Paradiso

 di Renzo Ronca 21-6-25

(Segue da https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/06/dalle-radici-dellanima-in-genesi-studio.html )

1. Sofferenza e nostalgia del Paradiso

La sofferenza dell’uomo si mescola con nostalgia, rimpianto, senso di colpa. 

In effetti, potremmo dire che l’uomo moderno soffre due volte: una per la condizione presente, e una per ciò che interiormente sente di aver perso.

Come scrive l’Ecclesiaste, "Egli ha messo l’eternità nel cuore dell’uomo" (Eccl. 3:11). Questa memoria spirituale del Paradiso — anche se non razionalmente cosciente — è impressa in profondità, ed è ciò che rende la sofferenza una ferita misteriosa: non è solo fisica, è anche esistenziale.

2. L’inganno del serpente che continua

La modernità, cioè il nostro sistema di cose attuale,  vuole il Regno senza il Re, la giustizia senza la santità, la vita eterna come diritto biologico e non come dono relazionale. Ed è proprio questo il cuore dell’inganno originario: “Sarete come Dio…” (Gen 3:5), ovvero autonomi, senza bisogno del soffio di Dio.

In questa luce, la sofferenza viene non solo evitata, ma denunciata come ingiustizia—non nel senso etico, ma quasi metafisico: “non abbiamo chiesto di nascere, dunque la vita deve servirci felicità”. È un grido disperato e pieno di troppo orgoglio, che rifiuta il mistero della Croce.

3. Sofferenza accettata ma non idolatrata

Occorre un equilibrio: non idolatrare il dolore, ma nemmeno rimuoverlo come se fosse un’anomalia da estirpare. Oggi se uno si sente triste va dallo psicologo perché ritiene di avere qualcosa che non va. Certo può anche essere vero, ma ci può essere anche una via che richiama Filip. 3:10: > “conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione e la comunione delle sue sofferenze”.  Quindi potremmo descrivere una causa superiore poco individuabile, che potremmo chiamare sofferenza redenta, non glorificata in sé, ma trasformata perché unita al respiro di Dio, che la attraversa senza appartenerle.

4. Accettazione e attesa: non passività ma speranza attiva

L’uomo non viene chiamato a “sopportare” in senso passivo, ma a portare (portare-croce) il peso della condizione umana sapendo che sarà trasfigurata. La speranza qui è escatologica, non genericamente illusoria.

(continua in https://ritornocristiano.blogspot.com/2025/06/il-millennio-simile-alleden-ma-con.html )

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